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mercoledì 26 giugno 2019

Fibromialgia, la Non-Diagnosi



Le mie affermazioni di non-diagnosi per la Fibromialgia, sono in fondo delle licenze che mi prendo come scrittrice e ricercatrice delle cause che hanno portato al mio malessere di 10 anni fà e non sono avvalorate in ambito medico-scientifico.

Fatta questa premessa, voglio parlare al cuore delle persone con la fibromialgia con l'intento di toccare anche uno spazio mentale che dopo la diagnosi ci è stato costruito per non dare le risposte giuste e farci ritornare in salute.

Il malessere arriva come un blocco dei movimenti e qualsiasi attività che facevi prima diventa come scalare una montagna con uno zaino pieno di pietre, vorresti fermarti, ma devi andare avanti e non sai dove trovare le energie. 
Speri in un sonno ristoratore, ma non non riesci a dormire e ti svegli piu' stanco di prima. Di giorno poi ritorni a far finta di stare bene oppure stacchi tutte le attività e ti butti al letto.

Cosa è non lo sanno spiegare e quindi i medici e la cosidetta scienza ti regala questo pacchetto di 100 sintomi a cui ti conformerai sempre di piu'.
Doppo tanto tempo che cercavi una risposta per sapere di cosa soffri arriva "finalmente" una diagnosi e li resti senza le cure, perché ti dicono che non è possibile curarla e ti danno solo palliativi.
Dopo la diagnosi la strada che ti viene proposta è foltissima di nebbie e porta al nulla a meno che non sei tu ed il tuo medico che continuano le indagini diagnostiche.

Nella mia formazione di infermiera tutto è curabile, poi c'è da vedere se le cure sono piu' o meno efficaci, ma la cura ci deve essere per tutti.
Quindi dico che è sbagliato che il medico non dia una speranza ai pazienti e che ti definisca incurabile quando persino il cancro si può trattare oggi ed alcuni tipi anche con buon decorso.
Cosa ha la Fibromialgia di incurabile peggio del cancro?
Il cancro è nella mente di chi non trova soluzioni farmacologiche e deve relegare in un ambito di sperimentazioni e cure off label delle persone non classificabili,
per questo dico che è una non-diagnosi.


Morena Pantalone
Italia
25 giu 2019 

Gli esami per diagnosticare la fibromialgia con assoluta certezza non esistono.
Anche se ci sono stati dei tentativi, i test non sono stati accreditati né validati dalla comunità scientifica corrente.
Gli esami che si fanno generalmente sono giustificati dalla sintomatologia variegata e simile ad alcune malattie autoimmuni come la sclerosi mulipla e l'artrite reumatoide.
Se questi esami risultano negativi , si ottiene quella che io definisco una non-diagnosi cui hanno dato il nome di fibromialgia.
Ogni fibromialgica/o per ogni sintomo nuovo dovrebbe indagare a fondo per scoprire se c'è una malattia che sta all'origine (diagnosi differenziale).
Ma con pochi esami puoi escludere poche malattie e non dormirai mai tranquilla/o con tutti gli allarmi accesi perché pensarai sempre "chissà che cosa ho?".
Se è vero che la Fibromialgia (Primaria) è l'assenza di esami positivi, puoi ritenerti almeno contenta/o di non avere malattie peggiori e ben note per essere piu' "vere"...
Ecco perché sei trattata/o come una/un lebbrosa/o se vai dal medico con una diagnosi di fibromialgia, perché non è una diagnosi e ti diranno che non c'è nulla da fare.

Il problema dei malati invisibili è proprio questo
Sono stati resi invisibili per non procedere con altre indagini e non spendere soldi dei contribuenti.

E tu pretendi di chiedere la visibilità a coloro che la negano da mezzo secolo?
Ragioniamoci un pò, per favore... che interesse avrebbero a farti rientrare nei LEA?
Perché mantenere un Popolo Fibromialgico che per la disperazione è disposto anche a vendere la casa pur di provare nuove fantastiche quanto illusorie cure?

La fibromialgia è Invalidante?

Lo è solo se ti affidi al SSN che ti da farmaci Off Label resi legali con una legge ad hoc, i medici sono autorizzati a prescriverti anche farmaci diversi per lo scopo per cui sono nati.
Si fanno delle sperimentazioni a tappeto su popolazione inconsapevole
Ti dicono "non ci sono cure per la Fibro , proviamo questo antiepilettico o questo antidepressivo".
E' invalidante se invece di cercare di recuperare la tua funzionalità con terapie non farmacologiche e terapie fisiche ti imbottiscono di oppiacei e morfino-simili o peggio ancora di antidepressivi, che a prova di studi non ricaptano Serotonina come cercano di farti credere e sono efficaci meno di un placebo. 


Gli antidepressivi funzionano? Una Revisione su persone basata sulle evidenze Di Robert Whitaker

Il Ministero della salute ha ulteriormente tagliato la spesa per le analisi del sangue, e voi credete ancora che riconosceranno una malattia che richiede sempre ulteriori indagini?
Dopo che avrete fatto gli esami di rito ad esempio Ves, Pcr, Reumatest, Uricemia, Fosfatasi alc, Dosaggio vit D , Ana -test e altri, quando non si trova nulla di sbagliato, non è sempre vero che non c'è nulla, ma è probabile che non è stato cercato con gli esami giusti.

Quanti di voi hanno fatto questi esami secondo il Compendio Canadese?
Vedi qui il pacchetto completo


Quanto è difficile diagnosticare la Fibromialgia?

Una ricerca che lessi tempo fa diceva che la Fibromialgia è fra le 9 malattie al mondo piu' difficili da diagnosticare, sottostimata e passibile del 15% di errore diagnostico. 
Lo credevo anche io, ma secondo me le cose sono cambiate in questi ultimi anni e niente di piu' facile è, che in una situazione poco chiara subito, il medico possa facilmente concludere che è Fibromialgia.
C'è così la percezione che questa malattia sia in aumento perché viene usata dai medici pigri e poco motivati per fare in fretta una diagnosi e non è quindi un dato reale.
La realtà è che altre patologie con simili sintomi sono in aumento ma non le sanno diagnosticare (parlo di tiroiditi e malattie autoimmuni)

Un altro motivo per cui questa sindrome ha un incremento di diagnosi è che i malati lasciati a se stessi hanno iniziato a parlare, a chiedere aiuto e con le comunicazioni del web il grido si è amplificato ed ha viaggiato da un capo all'altro del mondo creando una cassa di risonanza.
Ho seguito tutte le pagine straniere, quelle canadesi, australiane e dagli Usa ed anche quelle spagnole. Tutte gridavano una certa richiesta di attenzioni e piu' visibilità. Tanto che l'eco di questa malattia è arrivato a tanti studi medici e spesso si è abusato di questa diagnosi ogni qual volta si metteva un limite alle indagini cliniche.
Una licenza pronta per non fare altri esami, e così anche il Sistema Sanitario nazionale può risparmiare soldi.

Morena Pantalone

#LIBERIdallaFibro
#CUREnon Farmacologiche

martedì 25 giugno 2019

Gli antidepressivi funzionano? Una Revisione su persone basata sulle evidenze



Di Robert Whitaker - 11 marzo 2018

 Verso la fine di febbraio, i giornali nel Regno Unito e altrove hanno annunciato che una nuova meta-analisi pubblicata su Lancet aveva dimostrato, una volta per tutte, che "gli antidepressivi funzionano". L'autore principale del giornale, Andrea Cipriani, e altri psichiatri del Royal College of Psychiatry nel Regno Unito, dichiarò che si trattava di uno studio definitivo, e che ogni discussione sulle droghe era ormai finita. Ciò ha portato almeno alcuni giornali a rispolverare i titoli Prozac di 25 anni fa e dichiarare che "Happy Pills" era di nuovo qui.

Joanna Moncrieff e altri hanno scritto recensioni dettagliate di questo studio. Il loro punto più importante è che questa meta-analisi si basa su una misura di esito che gonfia l'efficacia percepita del farmaco. Altrimenti, lo studio ha fornito ben poco di nuovo. Precedenti meta-analisi della letteratura per gli antidepressivi avevano scoperto che la loro dimensione dell'effetto era da piccola a moderata nel breve termine, con questi risultati per lo più provenienti da studi finanziati dall'industria, e lo studio Cipriani, quando attentamente analizzato, ha trovato la stessa cosa.

Sfortunatamente, è il martellamento dell' "antidepressivo funziona" che rimarrà nella mente pubblica e non la critica. 

Ed ecco il problema: c'è bisogno che il pubblico conosca i molti tipi di prove che portano alla domanda se gli antidepressivi "funzionano". 

La psichiatria fa affidamento su una particolare fetta di prove-RCT in un gruppo accuratamente selezionato di pazienti per sostenere il suo messaggio che "l'antidepressivo funziona". Ma una revisione delle prove riguardanti la loro efficacia nei pazienti del mondo reale, sia a breve che a lungo termine, racconta una storia diversa, e questa è precisamente la prova più pertinente ai pazienti.

Personalmente, penso che la domanda-gli antidepressivi funzionano-è un modo mediocre per inquadrare questo dibattito. Alcune persone rispondono bene agli antidepressivi, alcuni lo fanno così-così, e altri peggiorano. 

Inoltre, questo spettro di risultati si verifica in confronto ai tassi di recupero naturali, che devono anche essere ridimensionati. 

Pertanto, la sfida consiste nel rivedere le prove in modo da meglio illuminare l'equazione rischio-contro-beneficio per i singoli pazienti. Questo è ciò che è necessario per il consenso informato, che è fondamentale per la pratica della medicina etica.

Ci sono tre parti della recensione che segue:

  1. La prova dell'efficacia degli antidepressivi a breve termine negli studi randomizzati, che è l'evidenza su cui la psichiatria fa affidamento per dire che i farmaci "funzionano". 
  2. Le prove per l'efficacia degli antidepressivi a breve termine nei pazienti "reali". 
  3. Le prove sulla loro efficacia a lungo termine nei pazienti del mondo reale.

Questa revisione più ampia della letteratura di ricerca conduce quindi a una domanda dicotomica per la società. Gli antidepressivi, come vengono ora prescritti, "funzionano" per la società? Producono un beneficio per la salute pubblica?


Efficacia degli antidepressivi negli RCT

Come ha osservato Moncrieff nella sua critica, le meta-analisi di RCT che valutano l'efficacia a breve termine degli antidepressivi possono dare una visione distorta dei farmaci, semplicemente perché gli RCT sono pieni di problemi. La maggior parte degli studi è finanziata dall'industria; il pregiudizio degli investigatori è una preoccupazione; il gruppo placebo è composto da pazienti che sono stati improvvisamente ritirati dai loro farmaci, che non è affatto un vero gruppo placebo; i risultati negativi non sono pubblicati; e gli studi sono condotti in un piccolo sottogruppo di pazienti che potrebbero aspettarsi di rispondere meglio a un farmaco. Tutte queste carenze con la letteratura RCT influenzano gli esiti a favore degli antidepressivi.

Anche così, l'evidenza di efficacia antidepressiva che emerge dagli RCT è, nella migliore delle ipotesi, un tipo modesto.

Punteggi di riduzione del sintomo

Irving Kirsch ei suoi collaboratori, nelle loro meta-analisi di RCT finanziati dall'industria, hanno riferito che la differenza nella riduzione dei sintomi tra i gruppi trattati e quelli trattati con placebo è inferiore a due punti nella scala di depressione di Hamilton (HAM-D). Il National Institute of Clinical Excellence nel Regno Unito ha dichiarato che ci deve essere almeno una differenza di 3 punti su questa scala per essere clinicamente rilevanti, e Kirsch ha scoperto che era solo in un sottogruppo di pazienti, quelli gravemente depressi, che gli SSRI incontrato questo standard.

Kirsch e altri hanno calcolato "dimensioni dell'effetto" di circa 30 per gli antidepressivi in base ai punteggi dei sintomi. Come mostrato dal grafico sottostante, ciò significa che esiste una sovrapposizione dell'88% nella distribuzione dei risultati per i pazienti trattati con farmaci e con placebo.

 Dato il tasso di risposta al placebo in questi studi, una dimensione dell'effetto di .30 produce un numero NNT necessario per il trattamento di 8. Ciò significa che è necessario trattare 8 persone per produrre una persona aggiuntiva che benefici del trattamento, rispetto al placebo .

Pertanto, l'equazione del beneficio di rischio derivante da questi dati sulla riduzione dei sintomi può essere riassunta in questo modo: l'esposizione agli effetti avversi del trattamento farmacologico vale il 12% di possibilità di un risultato migliore? O per dirla in altro modo: il 12% dei pazienti trarrà beneficio dal trattamento, mentre il restante 88% subirà gli effetti avversi del trattamento senza alcun ulteriore beneficio terapeutico oltre al placebo. 

Quelle sono le probabilità che una persona potrebbe voler sapere prima di prendere un farmaco antidepressivo.

Tassi di risposta (a otto settimane)

Nel loro studio su Lancet, Cipriani e colleghi hanno fatto affidamento su "tassi di risposta" per valutare l'efficacia degli antidepressivi. La risposta è stata definita come una riduzione del 50% dei sintomi. I ricercatori hanno poi calcolato i "odds ratio" per i tassi di risposta nei due gruppi, che indica una relativa efficacia. Quanto è più probabile che i pazienti di un gruppo rispondano rispetto ai pazienti del secondo gruppo? Cipriani ha riferito che i "odds ratio" hanno favorito l'antidepressivo rispetto al placebo in ogni caso, con le "OR" che vanno da 1,37 per l'antidepressivo meno efficace e 2,13 per quello più efficace.

Kirsch e Moncrieff, così come altri, hanno notato che usare i tassi di risposta come misura gonfia l'efficacia percepita del farmaco ed è facile capire perché. Un paziente che ha una riduzione del 52% dei sintomi sul HAM-D sarà classificato come un rispondente, mentre un paziente che ha una riduzione del 48% dei sintomi sarà classificato come non responder, anche se non vi è alcuna reale differenza miglioramento tra i due. 


Di conseguenza, una lieve differenza nei punteggi di HAM-D tra i gruppi di farmaci e quelli trattati con placebo potrebbe aumentare considerevolmente la probabilità che una persona "risponda" al trattamento farmacologico.

Purtroppo, Cipriani e colleghi non hanno riportato i tassi di risposta che sono stati utilizzati per calcolare i rapporti di probabilità, che è l'informazione che il pubblico vorrebbe sapere. Il 25% delle persone "risponde" agli antidepressivi? Cinquanta percento? Settantacinque per cento? Non c'è modo di rispondere a tali domande dai soli rapporti di probabilità. Pertanto, lo stesso studio viene propagandato come la prova che "gli antidepressivi funzionano" non fornisce alcuna informazione su quale percentuale di persone "rispondono" al farmaco.
Tuttavia, altre meta-analisi di RCT di antidepressivi hanno riportato tassi di risposta al placebo medi di circa il 37% per il gruppo placebo e il 60% per il gruppo antidepressivo, che si adatta ai coefficienti di probabilità complessivi pubblicati da Cipriani. In termini di rischi e benefici dell'assunzione di un antidepressivo, questo risultato può essere interpretato in questo modo:

  • Il 37% dei pazienti risponderebbe senza trattamento e quindi il trattamento li espone agli effetti avversi degli antidepressivi senza alcun beneficio aggiuntivo. In quanto tali, si potrebbe dire, a conti fatti, di essere stati danneggiati dal trattamento. 
  • Il 40% dei pazienti non risponderà al trattamento, e tuttavia sarà esposto agli effetti avversi degli antidepressivi. Anche a loro si potrebbe dire, a conti fatti, di essere stati danneggiati dal trattamento. 
  • Il 23% dei pazienti risponderà al trattamento che altrimenti non risponderebbe. Questo è il gruppo che si potrebbe dire essere stato aiutato dal trattamento.
 In sintesi, in termini di valutazione dei rischi rispetto ai benefici basati sui tassi di risposta, il 77% di tutti i pazienti sarà esposto agli effetti avversi del farmaco senza ricevere alcun beneficio terapeutico aggiuntivo. Solo il 23% sperimenterà una "risposta" terapeutica che altrimenti non avrebbero avuto. 
Questo produce un NNT di 4, e mentre questo è doppio rispetto al calcolo NNT basato sui punteggi dei sintomi, lascia ancora tre pazienti su quattro che sperimentano gli effetti avversi degli antidepressivi senza alcun beneficio oltre al placebo.

Entrambi questi metodi di valutazione dell'efficacia in RCT - riduzione dei sintomi e tassi di risposta - forniscono la prova che, in termini statistici, "gli antidepressivi funzionano". Ma è facile vederlo in termini di valutazione dei rischi-contro-benefici per il singolo paziente , non forniscono tale certezza.



 Efficacia a breve termine nei pazienti del "mondo reale"

Come hanno notato Cipriani e colleghi, l'RCTS finanziato dall'industria è condotto in un ristretto gruppo di pazienti depressi, quelli senza comorbilità o pensieri suicidi. In sostanza, le compagnie farmaceutiche usano criteri di eleggibilità per selezionare un gruppo che probabilmente risponderà bene al farmaco. Solo circa il 10% -30% dei pazienti depressi del mondo reale soddisfano questi criteri.

Con questo pensiero in mente, John Rush, un eminente psichiatra dell'Università del Texas sud-occidentale, ha condotto uno studio nel 2004 sull'efficacia degli antidepressivi in ​​118 pazienti del mondo reale. L'efficacia descrive i risultati nelle impostazioni del mondo reale, al contrario della "efficacia" del farmaco che viene misurata negli studi randomizzati, e quindi questo è il risultato che sarebbe più rilevante per i pazienti.

I pazienti nello studio di Rush, che sono stati visti in un ambiente ambulatoriale, hanno ricevuto la migliore assistenza clinica possibile. Eppure solo il 19% ha risposto al trattamento a tre mesi, che era un terzo del tasso di risposta registrato negli RCT.


Efficacia a lungo termine dei pazienti depressi nel mondo reale

Tassi di remissione
L'obiettivo per le persone depresse è quello di guarire e stare bene. In termini di ricerca, i pazienti vogliono sperimentare una "remissione sostenuta".
Nello studio di Rush su 118 pazienti del mondo reale, il 13% era in remissione alla fine dell'anno, ma solo il 5% aveva una "remissione sostenuta" durante l'anno. I risultati del suo studio, ha confessato Rush, "rivelano tassi di risposta e di remissione notevolmente bassi".
Il tasso di stay-well documentato nello studio STAR * D è stato anche peggiore. Alla fine di un anno, solo 108 dei 4041 pazienti (3%) avevano avuto remessione e si erano mantenuti bene e nel percorso. Tutti gli altri non erano riusciti a rimandare, a ricadere o a lasciare lo studio.


Nel 2006, Michael Posternak, uno psichiatra della Brown University, ha studiato il tasso di remissione di un anno per i pazienti non medicati. Per fare la sua ricerca, ha identificato 84 pazienti arruolati in uno studio NIMH che, dopo il recupero da un attacco iniziale di depressione, successivamente recidiva ma poi non è tornato su un antidepressivo. Ha monitorato il tasso di remissione nel tempo: il 23% per cento si è ripreso entro la fine del primo mese; Il 67 percento alla fine di sei mesi; e l'85% alla fine di un anno.

Posternak ha riassunto i suoi risultati in questo modo: "Se ben l'85% degli individui depressi che vanno senza terapia somatica si riprendono spontaneamente entro un anno, sarebbe estremamente difficile per qualsiasi intervento dimostrare un risultato superiore a questo."

Studi naturalistici sulla depressione trattata con farmaci a confronto con depressione trattata senza.

Ci sono stati una serie di studi naturalistici durante l'era SSRI che hanno confrontato i risultati a più lungo termine per i pazienti che hanno scelto di assumere antidepressivi e quelli che non lo hanno fatto, con questi studi che hanno contribuito a mettere a nudo le prove sull'efficacia di questi farmaci pazienti del mondo reale.
In particolare:
In uno studio del 1997 su pazienti ambulatoriali in una grande clinica nel Regno Unito, 95 pazienti mai trattati hanno visto i loro sintomi diminuire del 62% in sei mesi, mentre i 53 pazienti medicati hanno avuto solo una riduzione del 33% dei sintomi. I pazienti medicati "hanno continuato ad avere sintomi depressivi durante i sei mesi", hanno riferito i ricercatori.
In uno studio retrospettivo sui risultati a 10 anni di 222 persone che avevano sofferto di un primo episodio di depressione, i ricercatori olandesi hanno riferito che il 76% di quelli non trattati con un antidepressivo recuperato e mai recidiva, contro il 50% di quelli inizialmente prescritti un antidepressivo.


 Ora è possibile che questi vari studi di "efficacia", per una ragione o per l'altra, abbiano valutato tassi di recupero in coorti di pazienti abbastanza diversi. Ciò nonostante, è degno di nota il fatto che gli esiti annuali per i gruppi medicati e non medicati in questi studi fossero l'uno opposto l'uno dell'altro: l'85% dei pazienti medicati era cronicamente depresso, mentre l'85% dei pazienti non medicati era in remissione. Come mostra il grafico sottostante, questo confronto richiede ulteriori indagini.

 Studi naturalistici sulla depressione medicata contro la non medicata

Ci sono stati una serie di studi naturalistici durante l'era SSRI che hanno confrontato i risultati a lungo termine per i pazienti che hanno scelto di assumere antidepressivi e quelli che non lo hanno fatto, con questi studi che hanno contribuito a mettere a nudo le prove sull'efficacia di questi farmaci in -mani pazienti. In particolare:
  • In uno studio del 1997 su pazienti ambulatoriali in una grande clinica nel Regno Unito, 95 pazienti mai trattati hanno visto i loro sintomi diminuire del 62% in sei mesi, mentre i 53 pazienti medicati hanno avuto solo una riduzione del 33% dei sintomi. I pazienti medicati "hanno continuato ad avere sintomi depressivi durante i sei mesi", hanno riferito gli investigatori. 
  • In uno studio retrospettivo sui risultati a 10 anni di 222 persone che avevano sofferto di un primo episodio di depressione, i ricercatori olandesi hanno riferito che il 76% di quelli non trattati con un antidepressivo si è ripreso e mai avuto uhna recidiva, contro il 50% di quelli che inizialmente avevano prescritto un antidepressivo.





 In uno studio canadese che riportava i risultati per 9.508 pazienti depressi per cinque anni, quelli che assumevano antidepressivi erano depressi in media 19 settimane all'anno, contro 11 settimane per quelli che non assumevano antidepressivi.


Questo studio dell'OMS ha anche fornito alcune informazioni sull'efficacia degli antidepressivi - o sulla loro mancanza di efficacia - nel tempo.
Alla fine di tre mesi, i pazienti trattati con farmaci erano migliorati leggermente di più del gruppo non medicato, ma dopo quel periodo hanno smesso di migliorare, mentre il gruppo non medicato ha continuato a migliorare durante tutto l'anno.






 

NON è UNA PETIZIONE - MA LIBERI DALLA FIBRO




E' una petizione o no? - Ormai non piu'
E' una raccolta firme iniziata chiedendo sostegno alla classe politica ed ai governi per la situazione di abbandono sostenuta dal popolo fibromialgico sempre piu' super diagnosticato bisfrattato e sballottato da una medico all'altro, da decine di indagini senza avere risposte.
Dal 2013 uso la piattaforma change org per divulgare il mio pensiero riguardo alla Fibromialgia, quindi una petizione che chiede che cosa?
Ero partita chedendo quello che chiede la maggior parte delle persone, almeno il 45% di quelle con la diagnosi di fibromialgia e cioè assistenza adeguata alle cure, il cosìdetto "riconoscimento" 


Ma strada facendo ho deciso di non chiedere piu' nulla, e mi dispiace non poter cambiare il testo della petizione in frontespizio, ma lo avrei già fatto da almeno 3 anni.
Negli aggiornamenti, specie quelli a partire dal 2018 si trova quindi riassumto il mio pensiero.

Oggi la raccolta firma è ancora attiva ed è finalizzata al sostegno del mio lavoro che svolgo da anni volontariamente.

Non chiedo piu' assistenza per il semplice motivo che non ce la daranno mai, perché l'unico loro interesse è mantenerci malati perché sulla malattia hanno costruito imperi che servono solo per fare cassa.
E' evidente che qualsiasi governo succeduto da 20 anni a questa parte ha usato la Fibromialgia come pretesto e punta di diamante per aumentare i consensi elettorali.
Come sempre specchietti per le allodole che dopo le elezioni si sono rivelati per quello che erano, le promesse non mantenute.

Ora, io penso che le persone abbiamo una intelligenza e dignità proprie che vanno rispettate, ma soprattutto non devono essere prese in giro, ho pensato a delle soluzioni diverse.
La mia strategia si basa sulla uscita dalle statistiche fibro, ovvero migliorare, curarsi, guarire. 

E quindi mi rivolgo a chi ha smesso o vuol smettere di compiangersi e rimboccandosi le maniche per fare qualche cosa per se stessi di veramente efficace e risolutivo.

Io mi sono curata senza farmaci e come ho fatto ve lo scrivo ormai da 5 anni sul mio blog e nei miei gruppi.
La prima cosa da fare è togliersi dalla testa quel mantra che "non si può né curare né guarire" e non ascoltare quei medici che ti danno la pillolina e che te la aumentano di dosaggio ogni volta che ti lamenti. Sono solo dei sintomatici che non curano.

La mia non è l'unica testimonianza di miglioramento, e quindi uscita dalle statistiche fibromialgiche.

Chi non ha compreso che noi malati facciamo fare cassa a molti personaggi che ruotano attorno a questa "falsa malattia" resterà intrappolato ancora un pò.

Lo sanno tutti che i Fibromialgici sono Farmaco-resistenti, ovvero che i farmaci non funzionano se non per qualche giorno, quindi perché insistere ad assumerli?

Lo dicono ovunque che il dolore consuma molta serotonina e che l'intestino è chiamato a risponderne. Se è disbiotico, il microbiota non produce quello che ci servirebbe...

Ci sono studi che rilevano anche che i famosi antidepressivi SSRI (Cymbalta e company) che dovrebbero ricaptare serotonina, sono meno efficaci di un placebo.
Quindi inutili e dannosi. Perché continuare ad avvelenarsi, mi chiedo. E dovrebbero chiederselo anche le persone che li assumono, ma purtroppo nessuno offre loro delle alternative valide.
O per meglio dire non offrono soluzioni efficaci, tanto che il malato resta malato e si convincerà sempre di piu' che non può curarsi e tanto meno guarirsi dalla Fibromialgia.